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martedì 29 novembre 2011

IL PIACERE SEGRETO DELLA SCRITTURA


Personalmente trovo che il massimo piacere per uno scrittore sia scrivere la sua opera.
Pubblicare il libro, presentarlo, venderlo sono senz’altro gratificazioni notevoli ma nel mio caso non eguagliano lontanamente il piacere derivante dalla storia che prende forma e vita nella tua fantasia; dai personaggi che nascono e vivono di vita propria come “figli” virtuali a cui lo scrittore offre un proprio destino al quale spesso però si sottraggono sfuggendo al controllo di colui che li ha creati e dando alla trama risvolti impensabili. Se non ci fosse questo piacere non varrebbe la pena scrivere in una società come la nostra dove si legge sempre meno e dove la letteratura sembra non sfuggire al processo di omologazione e di appiattimento che ha investito tutti i campi della società.
Questo mondo globalizzato per assurdo ha ristretto la realtà in pochi generali modelli, togliendo linfa a tutte le diversità umane, sociali culturali che erano la ricchezza dell’umanità.
Non ci sono più misteri da svelare né cose da scoprire. Beviamo tutti coca cola e indossiamo cappellini da baseball. Mangiamo quasi le stesse cose e guardiamo quasi gli stessi film.
Anche i desideri si sono omologati. L’intero globo è diventato un unico centro commerciale dove chi può compra e chi non può sta a guardare..
Come la letteratura poteva sottrarsi a tutto questo? Il libro è una merce come un’altra e il mercato determina cosa si deve scrivere e come se si vuole vendere. Il mercato crea l’autore a prescindere dal talento e crea il linguaggio letterario. Lo strapotere delle immagini ha educato un’intera generazione alla fruizione passiva delle informazioni, mentre il libro è fatica, è ragionamento, è astrazione. Il linguaggio letterario ha dovuto adeguarsi assumendo sempre più il registro diretto e stilisticamente superficiale del parlare corrente. Abbiamo così un proliferare di storie dalle trame cinematografiche, dal ritmo serrato unito ad un linguaggio quasi giornalistico, nelle quali i personaggi hanno poca profondità ma si muovono come attori di una fiction.
E’ chiaro che ci sono molte eccezioni ma in genere i libri intimistici non sono molto apprezzati.
Un tempo nei romanzi si cercava la risposta metaforica ai grandi quesiti della vita. Ora questo non interessa più e forse è anche un bene che si sia perso quell’intento didascalico e un po’ pedante, tuttavia a mio parere si è perso anche l’obiettivo di porre delle domande alle quali il lettore dovrebbe nel proprio intimo cercare una risposta.
Questo è un tempo senza geni e senza eroi, un tempo vorticoso in cui ogni cosa anche le idee sono immolate alla spirale vorticosa del cambiamento. Il ritmo di un libro appare troppo lento, una specie di perdita di tempo sottratto all’azione.
E’ innegabile che i libri sopravvivranno a questi tempi nonostante gli ebook, internet e i social network ma sicuramente si stanno evolvendo e non so se la direzione che si profila, mi piace.
Continuo ad amare i classici, le pagine intimistiche, lo stile non banale, gli approfondimenti psicologici. Sono una lettrice vecchia maniera che non riuscirebbe ad apprezzare gli ebook né i tablets per leggerli. Amo il fruscio e l’odore della carta di un libro nuovo e le pagine sottolineate con gli appunti al lato dei libri vecchi molto letti e molto amati.
Scrivo per il piacere di farlo e non per guadagnare dalle copie vendute. Siamo ancora tantissimi quelli che adorano i libri e amano raccontare storie che nutrano la fantasia e l’anima. Fino a quando un romanzo o un racconto riuscirà a fare nascere un’emozione ci sarà un futuro per il genere umano.

1 commento:

  1. Sono pienamente d'accordo. Il mercato e l'anima non hanno nulla a che spartire.

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