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venerdì 26 febbraio 2010

DONNE AL VOLANTE

Mi è sempre piaciuto guidare. Il problema è che le macchine con cui ho avuto a che fare, non lo sapevano.
E comunque se ne fregavano. Perché le macchine sono come i cani, hanno bisogno di una presa forte e decisa che le tenga al “guinzaglio” altrimenti non sei tu a “portare” loro, ma loro a “portare” te, preferibilmente in qualche fosso o peggio.
La prima macchina che ho guidato era una vecchia fiat 850 di proprietà di mio zio. Ora mio zio è un uomo tranquillo. Con me non si incazzava, anche quando partivo col freno a mano tirato o prendevo la banchina.
La sua macchina era come lui.
Una placida, vecchia auto di color verde acqua sbiadito che non si formalizzava per nulla.
Soltanto una volta si inchiodò davanti al semaforo verde e non ci fu verso di farla smuovere di li.
In effetti era esasperata! Ma come si può dico io, partire sempre con la terza e pretendere non solo che la macchina si muova, ma anche che non si incazzi una volta per tutte. Beh! Quella volta lì scese in sciopero e anche mio zio, che esasperato dal frastuono dei clacson dietro di noi al maledetto semaforo, mi buttò fuori dal sedile di guida, lasciandomi finalmente a cuocere nel mio brodo.
Avevo preso la patente con relativa facilità. I quiz erano stati una passeggiata, la prova pratica non andò poi tanto male, a parte il fatto che tentai di fare stragi di pedoni sulle strisce pedonali e alla fine della prova aprii lo sportello proprio mentre un’altra auto mi stava sorpassando. Ma l’ispettore della motorizzazione quel giorno dormiva all’in piedi e non si accorse dei molteplici aiuti che mi dava l’istruttore di scuola guida seduto al mio fianco, sicuramente commosso dalla mia goffaggine e dalla generosa scollatura della mia magliettina estiva rosso fuoco metallizzato. A mio favore devo dire che ero un genio delle partenze in salita a parte il trascurabile particolare che mi dimenticavo qualche volta il freno a mano tirato. Anche nell’inversione a U non mi superava nessuno sempre che mi trovassi in una di quelle strade americane dove non passa una macchina per giorni!
Avuta finalmente la patente ero pronta per affrontare le incognite della strada e una luminosa carriera di pilota.
Ma mio padre mi regalò una fiat 500 di terza mano!
Devo dire sinceramente che non “cuocemmo” fin dal primo momento. Prima di tutto io volevo una fiat 127 o meglio ancora una A 112, invece mi ritrovai una scatola di sardine di un colore impreciso che virava dal latte cagliato alla diarrea di bambino e non ho mai fatto mistero che a me non piacciono i bambini. E poi la messa in moto! Non una bella chiave al lato del volante da girare con mano sicura come nei film, ma una levetta minuscola a fianco del sedile che confondevo puntualmente con quella del tiraggio dell’aria. Sembrava di tirare una molla e la scatola di sardine cominciava a tossire come una forsennata quasi fosse una fumatrice incallita con enfisema polmonare all’ultimo stadio. Dopo i primi momenti di ragionevole ostilità reciproca, istaurammo alla fine una sorta di pace armata basata su quella che definirei “corrispondenza psichica”, stimolata dal fatto che neanche in mille anni avrei mai imparato a fare la doppietta. Il piede si rifiutava, ci metteva un secondo di troppo e la marcia invariabilmente grattava alla grande.
Dopo una lunga lotta all’ultimo sangue fra me e la macchina che nelle reciproche intenzioni non doveva lasciare feriti, addivenimmo ad un compromesso che avrebbe salvato lei dallo sfascia carrozze e me da un esaurimento nervoso.
Cominciammo a comunicare telepaticamente.
Il motore cominciò a parlarmi in un linguaggio a me comprensibile, tossicchiando discreto quando era il momento di calare la marcia. Il mio orecchio allenato percepiva ogni singolo sospiro, ( cala la marcia!...e cala sta minchia di marcia! Ti vuoi decidere o no a scalare prima che ti prendo a tumpulate!) io finalmente rallentavo all’inverosimile e la marcia entrava come su una strada foderata di burro. Un vero piacere.
Alla fine mi affezionai a lei come ad un figlio un po’ deficiente ma continuavo a sognare una macchina vera.
Dopo una serie di anni che non ricordo quanti fossero e durante i quali dimenticai quel poco che avevo imparato, mi decisi a comprare una Fiat Panda usata. Era veramente vecchiotta, ma tenuta bene. Bianca, colore che odio perché mi ricorda un frigorifero, ma almeno aveva la messa in moto con la chiave! Ho sempre guidato vecchie carrette io. Macchine segnate dalla vita, con un esperienza alle spalle e discrete dosi di acciacchi. Questa non faceva eccezione. Girare il volante, sostituiva egregiamente la palestra con il sollevamento pesi, tanto era duro. Per abbassare la frizione mi ci voleva un’estensione alla gamba e poi attaccava così in alto che mi arrivava il ginocchio in bocca.. Cambiare le marce faceva pensare ad un vogatore e per finire, per frenare dovevi presentare domanda in carta da bollo. Tuttavia non aveva molte pretese e a parte quella volta che stava andando a fuoco per mancanza d’olio, devo dire che non si è mai lamentata troppo. Certo aveva anche lei un che di sadismo, come quando la chiave mi si bloccò nel quadro a 10 chilometri da casa e dovetti chiamare qualcuno che venisse a recuperarmi. L’ho tenuta comunque per più di dieci anni e non l’ho mai lavata tanto che sui tappetini avrei potuto piantare patate e pomodori.
Con tutte queste macchine però mi sono fatta un’esperienza e ora so guidare…in strade larghe, senza curve, senza macchine che vengano in senso contrario, senza pedoni, bambini biciclette cani…e naturalmente non mi si dica di parcheggiare! Perché scendo e lascio tutto lì Io sono una di quelle per le quali “ parcheggio all’americana “ è il titolo di un film. Io entro solo di muso e se c’è sufficiente spazio e sufficiente sta per dieci metri almeno avanti e dietro…e anche così mi confondo. Mi ci vorrebbe il pilota automatico…e sono certa che anche quello alla fine perderebbe la pazienza.
Dopo molti anni che avevo appeso al chiodo le mie velleità di guidatrice, il mio compagno che ama la vita complicata e densa di emozioni, ha pensato bene di comprare una macchina nuova per farmi riprendere a guidare. E quando dico nuova intendo nuova. Non proprio vergine, ma giù di lì. Un esperienza che mai avevo fatto in vita mia. Questa è un gioiellino color champagne metallizzato col servo freno, servosterzo impianto hi fi, aria condizionata air beg, chiusura con telecomando e altri ammennicoli che ora non mi ricordo e che fanno sembrare il cruscotto, la plancia di un aereo.
Ora vi pare che un’”Attila” della strada come io sono, possa mai trovare il coraggio di mettere in moto una cosa così? Già a salirci sopra si insozza il tappetino! Quando giro la chiave nel quadro, mi sento Shumaker. Comunque il mio compagno ( che non è comunista ma come diavolo lo potrei definire) appena metto in moto e ingrano la prima, inizia a parlare, e lui è uno che parla anche quando dorme per intenderci. Per lui tacere è una sofferenza, un supplizio soprattutto quando invece della seconda ingrano la quarta. Ma come cavolo si fa dico io ad abituarsi ad un cambio che sembra un joystick, piccolo e corto che mettere a folle è una scommessa? Ora io lo so che la prima e la seconda sono verso di me, mentre la terza e la quarta sono dall’altra parte e la quinta…( cos’è la quinta? La misura di un reggiseno?Mai usata in vita mia, la quinta intendo non il reggiseno, per quanto…) ma saperlo è una cosa applicarlo è un’altra, specialmente con lui che ti alita sul collo.
Le mani sul volante si tengono alle dieci e dieci ( e se io le voglio tenere alle nove e un quarto?), metti la marcia più alta, sei troppo a destra, non stringere a sinistra, attenta al cane, non investire il pedone, c’è l’incrocio scala la marcia e frena…Ora anche una persona di intelligenza media come me sa che all’incrocio se proprio non ti vuoi fermare almeno freni, ma cosa minchia scalo la marcia che già sono in seconda? O era la quarta!...Miiii che confusione! Però le marce non le faccio grattare. Almeno quello. E comunque all’incrocio mi fermo… almeno tre metri prima così che non posso vedere un’emerita minchia, ma almeno riparto con la prima e chi si è visto si è visto.
Siccome in un’ora di guida il mio lui aveva deciso che dovevo diventare Barichello, pensò bene di farmi fare l’inversione di marcia. Solo che trovò superfluo comunicarmelo con sufficiente anticipo, perché l’amore si sa è telepatico e io nel pensiero dovevo leggergli! Ma io ancora non mi sono attrezzata. Con la vecchia 500 si, ma dopo venti anni mi sono arrugginita e poi gli umani sono diversi. Comunque! Accosta a sinistra e metti la freccia per fare l’inversione…A SINISTRA! Ma se la traversa è a destra e IO DEVO ENTRARE NELLA TRAVERSA per fare retromarcia, perché cavolo devo mettere la freccia a sinistra?
Potevo sapere io che lui intendeva che nella traversa dovevo entrarci di culo? ( non il mio, quello della macchina) In modo da fare l’inversione con più facilità secondo lui? E comunque l’inversione la feci con un “culo” così, nel senso che non vedevo chi arrivava e con tutto ciò feci retromarcia e miracolo, nessuno mi ha investito e come dio volle tornai in carreggiata ma nel senso inverso! A quel punto sembravo appena uscita da una sauna. Lui, “ l’istruttore” pontificava alla grande su come avrei dovuto fare la manovra, io avevo i muscoli contratti che sembravo una statua di marmo e un giramento di cabasisi pari solo alle incazzatorie che mi fa prendere mio figlio.
A quel punto accostai a destra e dissi: “ Basta! Per oggi non guido più” Invece continui a guidare…ma manco per idea. Se non ti decidi, puoi tornare a casa a piedi.
Come nei film sono scesa dall’auto gonfia di orgoglio ferito e assolutamente decisa a fare seguire i fatti alle parole. Ho percorso a piedi almeno dieci metri prima di fare mente locale che eravamo a 4 km dal centro abitato. Ma a quel punto dovevo salvare la faccia. E continuai a camminare petto in fuori e pancia in dentro col cipiglio di un tenente dei marines. E non è che quel facchino e maleducato si precipitasse a seguirmi! Quando mai! Fui superata da almeno una decina di macchine per un totale di un 200 metri, prima di essere abbordata da una Panda Emotion color champagne metallizzato il cui tizio al volante aveva un muso lungo almeno un metro, che senbrava un formichiere. Ma almeno taceva! Che pace, che sollievo. Mi sono seduta con la dignità di una papessa nel sedile accanto e siamo ripartiti.
E…ancora dobbiamo fare la seconda lezione di guida!

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