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giovedì 26 luglio 2012

NOI BRAVA GENTE...



Lo scompartimento era semivuoto. 
Nel sedile vicino al finestrino, una vecchia signora lavorava all’uncinetto, quello che sembrava un piccolo centro. 
Dal lato opposto, vicino al corridoio, sedeva una ragazza giovane e piuttosto bella. Sulle ginocchia che la gonna corta lasciava abbondantemente scoperte, aveva un libro aperto. Sembrava assorta nella lettura e non alzò la testa al mio entrare.
Mi sedetti di fronte alla vecchietta, vicino all’altro finestrino, dopo aver sistemato la mia valigetta ventiquattrore sulla reticella.
Ero contrariato.Una giornata intera passata sul treno, per aver dato ascolto a mia moglie che non aveva voluto che prendessi la macchina per andare a Milano a quell’incontro di lavoro.
Non mi piacciono i treni e tanto meno le stazioni. Detesto quella promiscuità rumorosa e sporca di tanti sconosciuti accalcati in spazi ristretti. Mi sembra che il puzzo metallico delle carrozze, impregni indumenti e bagagli in modo indelebile.
Un tramonto infuocato stava colorando di rosso lo scompartimento, il treno era in ritardo, sarei arrivato a destinazione in piena notte. 
La vecchia signora di fronte a me continuava a lavorare nonostante la luce sempre più scarsa. 
La ragazza aveva chiuso il libro e guardava verso il corridoio. Il suo viso, bello, dai lineamenti come scolpiti, aveva un’espressione leggermente tesa, me ne chiesi il motivo.
Ad un tratto percepii un vociare in lontananza. Sembravano voci di ragazzi che ridevano e scherzavano tra loro. Qualcosa nel tono, mi fece irrigidire. “ Speriamo che non vengano qui…” pensai istintivamente. 
Invece proprio da noi erano diretti.
Erano in quattro, capelli rasati, giubbotti di pelle. Solo a guardarli un brivido mi corse lungo la schiena. Si somigliavano fra loro tanto da sembrare fratelli. 
Sui vent’anni, avevano visi anonimi dall’espressione volgare e sciatta. 
I loro modi lo erano altrettanto. 
Entrarono urtandosi fra loro e schiamazzando. 
La ragazza si alzò e venne a sedersi vicino a me. 
Aveva paura e si sentiva. 
Loro parlottavano sottovoce e ridevano guardandola. 
La vecchietta aveva riposto il suo lavoro e guardava fuori dal finestrino apparentemente tranquilla.
Uno dei quattro si sedette nel posto lasciato libero dalla ragazza, un altro si sedette accanto alla vecchietta, il terzo accanto alla ragazza, mentre l’ultimo rimase in piedi davanti alla porta, occupandola tutta, essendo il più alto e il più robusto di tutti. 
Si era intanto fatto buio. 
Nello scompartimento venne accesa la luce. 
La ragazza riprese il suo libro, mentre la vecchietta continuava a guardare fuori, nel buio. 
Io non facevo che guardare l’orologio. Tanto per fare qualcosa, presi dal soprabito il quotidiano che avevo comprato la mattina e non avevo avuto il tempo di leggere. 
Cominciai a sfogliarlo distratto, mentre con la coda dell’occhio vidi uno di quei teppistelli, strusciarsi vicino alla ragazza.
Lei cercava invano di spostarsi, avvicinandosi sempre più a me. Con la mano si tirava sulle gambe la gonna troppo corta. 
Sentivo l’odore della paura nei suoi movimenti nervosi.
Sul giornale le solite notizie. La crisi di governo, l’inchiesta della magistratura sulla corruzione dilagante nei palazzi del Potere, le solite cose.
La pagina di cronaca era piuttosto ricca: lo sciopero dei tassisti, un ragazzo aveva ucciso la madre, il killer dei balordi…anche lì niente di nuovo.
La vecchia signora continuava a guardare fuori del finestrino.
Il ragazzotto vicino a lei cercava di attirare la sua attenzione con discorsi volgari e allusivi sulla ragazza.
Il tempo passava lentamente. 
Avevo come l’impressione che il treno andasse svuotandosi. 
Dagli altri scompartimenti non provenivano rumori e del controllore neanche l’ombra. 
Nello scompartimento la tensione si faceva palpabile. 
Io stesso sentivo montarmi dentro un fastidio sempre più crescente.
La vecchietta riprese il suo lavoro all’uncinetto e si mise a tagliare con una forbicina, fili invisibili. Il ragazzo accanto a lei continuava a importunarla, ridendo in modo volgare.
Era chiaro che si sentivano forti, invincibili e onnipotenti. Godevano della nostra irritazione e soprattutto della paura della ragazza, rincantucciata nel suo angolo come un animale in trappola.
Presi dalla reticella la mia valigetta e la misi accanto ai miei piedi. Per fortuna mancava poco più di un’ora all’arrivo nella stazione dove dovevo scendere, ma avevo la sensazione che sarebbe stata una delle ore più lunghe della mia vita.
I quattro ragazzi sembravano sempre più eccitati. Quello di fronte alla ragazza, si sporse verso di lei e le posò una mano sul ginocchio. Lo guardai gelido, ma lui rispose al mio sguardo con un sorrisino strafottente. Odioso. 
La vecchia signora mi guardava. Sembrava volesse dirmi qualcosa con gli occhi, al di sopra delle lenti spesse. Teneva la forbicina stretta nella mano destra, mentre con la sinistra stringeva la borsa.
Riposi il quotidiano nella mia valigetta, mi alzai per prendere il soprabito. Per fortuna stavo arrivando a destinazione.
Guardai la ragazza, i suoi grandi occhi imploranti, le snelle ginocchia serrate. Le erano addosso. Cercavano di toccarla e ridevano di lei e della sua ripulsa…

Il ragazzo vicino alla vecchietta, all’inizio neanche si accorse della forbicina, che poi non era tanto piccola, piantata nel collo.
La vecchia signora era stata velocissima. Il sangue cominciò a scorrere veloce imbrattandogli il collo della camicia. Mi accorsi che probabilmente sarebbe morto dissanguato. 
I suoi compari smisero di botto di parlare e ridere, stavano immobili come statue di sale, troppo stupiti per reagire. 
Quello in piedi vicino alla porta mi stava guardando, mentre prendevo la mira e gli piantavo una pallottola in mezzo alla fronte. Si accasciò senza un gemito sul compagno seduto. Questi, terrorizzato, cercava di liberarsi del corpo pesante del amico, che gli impediva ogni movimento. 
Mi alzai per chiudere la porta dello scompartimento, poi mi girai e appoggiai la canna della pistola sulla sua tempia e feci fuoco. Il frastuono del treno sotto la galleria, copriva egregiamente gli spari. Dovevo fare presto.
Vediamo se ora ridi, bastardo! Pensai mentre freddavo il terzo che nel frattempo tentava inutilmente di aprire la porta.
Era tutto finito, il primo ferito, rantolava sul suo posto. Meglio si rendesse conto di tutto. 
Siamo stufi, noi brava gente di dover sopportare questa feccia che ammorba l’aria delle nostre città.
La ragazza si alzò dal suo posto e mi sorrise, mentre prendeva il suo bagaglio per scendere.
La vecchia signora fece altrettanto e disse: “Non la tradirò…” Certo signora, e come potresti? Ora che mi libero di questa parrucca scura e delle lenti a contatto colorate, neanche con tutta la buona volontà potresti riconoscermi, e neanche questo idiota, se anche sopravvive.
Mia moglie dice sempre, che sono troppo tollerante, che mi faccio mettere i piedi in testa. E’ vero. Ma lei non sa di questa pistola, lei non sa nulla di nulla…Ho molto altro da fare ancora.
Il Killer dei balordi, ma che espressione idiota, solo per far comprare i giornali.
Io sono una brava persona. Questa è la rabbia di noi brava gente, che ci infetta il sangue, a dover chinar la testa, subire sempre l’arroganza, la prepotenza , lo schifo di questa società. Scesi dal treno senza fretta.
La stazione era deserta a quell’ora della notte, nell’aria gelida dei primi di un Marzo inclemente.
Fischiettavo, guardando il treno che spariva nel buio oltre la curva.

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